Volevo rendere pubblico questo racconto scritto da me in occasione di un recupero fatto qualche anno fa nel Garda. L'aereo che era affondato proveniva dal famoso Hangar7 della Red Bull di Salisburgo.
Cronache di recuperi: Le ali dimenticate.
Da ormai due anni giacevano in un punto imprecisato tra la Rocca di Manerba ed il Porto di Dusano, ad una profondità non meglio nota.
Erano le ali di un aereo storico, restaurato e funzionante che aveva tentato senza fortuna un ammaraggio sulle acque del Garda e che, per un classico errore umano, aveva finito con il piantarsi in acqua, spezzandosi in due restituendo sani e salvi pilote e co-pilota alle loro famiglie, senza un graffio che è uno.
Per questo fatto miracoloso di certo si è evocato l’intervento di qualcuno dei Santi ufficiali o di quelli che, per il momento solo Beati, cercano gloria agli occhi del loro diretto superiore. Solo i più laici tra i commentatori dell’evento si limitavano a parlare di un fondoschiena smisurato.
La fusoliera era stata recuperata il giorno stesso dell’incidente ma le ali, con ancora attaccati i due motori, erano ancora da qualche parte piazzate sul fondo della Rocca.
Quale sfida era meglio di questa per provare l’efficacia della nuova Volga 2026, fiammante imbarcazione da ricerca da poco allestita e pronta a dimostrare le sue capacità operative?
Così fu che una sera della scorsa primavera decidemmo di calare nella zona più probabile dell’affondamento il sistema Sonar, tanto per vedere se c’era qualcosa nei paraggi. E quel qualcosa non si fece attendere molto.
Giusto il tempo di un paio di calate ed una massiccia macchia biancastra ai bordi dello schermo ci fece capire che qualcosa di metallico e delle giuste dimensioni stava aspettando solo di essere filmato.
Il ROV, già pronto all’immersione, fu diretto speditamente verso quel segnale. Docile ai comandi dell’operatore nuotava con malcelata impazienza in direzione sud-est.
La sua telecamera quasi rimase sorpresa quando pochi minuti dopo vide la sagoma bluastra ed argentata di quel pezzo di storia sul fondo del lago.
Iniziò a percorre le ali da cima a fondo, con pazienza e dolcezza, come carezzandole.
Dapprima vide i due galleggianti laterali, poi la sigla dell’aereo caduto, il primo motore, la ferita aperta della violenta separazione dalla carlinga ed in ordine inverso concluse la sua visita dalla parte opposta.
Bene, una parte del lavoro era fatta. La profondità ci consentiva una agevole recupero e quindi organizzammo la spedizione qualche settimana dopo, in una pausa dei tanti lavori che ogni anno prima dell’estate ci chiamano in acqua.
Ovviamente dietro autorizzazione dei legittimi proprietari del relitto si pianificò scrupolosamente ogni mossa per portare a galla, trascinare al porto e mettere su di un rimorchio queste ingombranti appendici d’aereo che finalmente potevano tornare nell’hangar da cui erano partite un paio d’anni prima. Via terra stavolta, è ovvio, ma siamo certi che prima o poi torneranno a solcare l’aria, un po’ altezzose ed un po’ rispettose della terra e dell’acqua che scorrerà sotto di loro. E se per caso si troveranno a sorvolare ancora una volta il nostro Lago certamente penseranno a quel periodo strano in cui, sole solette, hanno atteso nel buio che qualcuno si ricordasse di loro.